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24 marzo 2011

Gragnano nella bufera si spacca la coalizione

Cinque indagati e altri cinque sotto la lente del pool antimafia. I consiglieri di maggioranza parte civile nel processo sui brogli elettorali.

Cinque indagati della pubblica amministrazione. E altri cinque esponenti istituzionali sui quali si concentrano le valutazioni del pool antimafia. I magistrati della Dda, coordinati dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, ipotizzano reati che vanno dall’abuso di ufficio all’inquinamento
 del voto aggravato dall’articolo 7 (il favoreggiamento dei clan di camorra). Si estende il caso Gragnano, quasi un incubatore politico-giudiziario delle anomalie del Pdl campano. Un comune dove il presidente del consiglio, Giuseppe Coticelli, sotto processo per brogli elettorali a Torre Annunziata, non prende «neanche in considerazione» le dimissioni. Dove sulla paralisi della macchina comunale, travolta da sospetti e veleni, cade il silenzio-assenso del sindaco Annarita Patriarca, già figlia del vecchio leader Dc Francesco (condannato per collusioni con i boss) e oggi moglie di Enrico Martinelli, primo cittadino di San Cipriano d’Aversa. Stessa area dell’agro aversano da cui una società in odore di sospetti, la Mastrominico Costruzioni, guarda caso, decide di puntare su Gragnano, e vince. Aggiudicandosi la gara milionaria, 14 milioni di fondi Por, per il restauro del monastero di San Nicola dei Miri. Non a caso, dopo lo scenario ricostruito da Repubblica sui sospetti di infiltrazioni criminali, esplodono malumori e tensioni finora tenuti a bada nel Palazzo. I consiglieri di maggioranza (lista Gragnano Libera), Giuseppe Abagnale e Andrea Lignola, annunciano che si costituiranno parte civile nel processo al presidente del consiglio. Analoga valutazione coinvolge, ieri fino a tarda ora, alcuni consiglieri Pdl, col capogruppo Alfonso Gentile. È duro, Abagnale: «Mi costituirei anche in via personale: Gragnano merita un futuro migliore. Noi avevamo creduto nella Patriarca. Ma è assurdo che il presidente del consiglio stia ancora al suo posto. Anzi, direi che il Pd in questo comune avrebbe potuto fare tanto di più». Replica con sarcasmo e durezza il capogruppo Pd, Michele Inserra: «Se pezzi di maggioranza sono presi da tardiva consapevolezza di ciò che li circonda, perché non se ne vanno a casa per un’opera di rinnovamento? Non solo il Pd ha gridato queste collusioni, persino sui manifesti, ma abbiamo chiesto che sia il sindaco a dimettersi. Infatti, ciò che emerge a carico del presidente è solo la punta dell’iceberg». (Repubblica -  Napoli)

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